Mosso dalla curiosità di bambino, Bruno, si avvicina alla zona recintata dal filo spinato e conosce così Shmuel, un bambino ebreo, prigioniero del lager. Il film, narrato dal punto di vista di Bruno, racconta la straordinaria amicizia tra i due bambini, separati dal filo spinato e da un abisso di ideali. Il sincero rapporto con il piccolo amico col pigiama a righe e l’odio razzista del padre spingono Bruno a voler conoscere da vicino quella “fattoria” in cui Shmuel vive e lavora, al punto di volerci entrare…
IL DRAMMA DEL LAGER – Il film non mostra in modo esplicito l’orrore dei lager. Lo spettatore segue la storia di amicizia tra Bruno e Shmuel attraverso i loro occhi e i loro cuori, nei loro giochi di bambini, come una partita a dama in cui è il filo spinato a dividere le pedine bianche da quelle nere.
Ma è proprio la semplicità dei gesti dei due bimbi, a rendere evidente quanto sia drammatico il loro presente e ancora più tragico l’esile futuro, in cui il bambino col pigiama a righe e Bruno si affacciano proprio come le loro pedine bianche e nere, mosse inconsapevolmente da mani calcolatrici, spietate: quelle degli adulti. In un crescendo di tensione, che sale fino al sorprendente finale…
Qui furono uccise, nella camera a gas ricavata nell’obitorio del Crematorio, o morirono a causa delle impossibili condizioni di lavoro circa 70.000 persone. Birkenau era il Vernichtungslager (campo di sterminio), l’immenso campo nel quale persero la vita oltre un milione e centomila persone: ebrei, russi, polacchi, prigionieri di guerra, omosessuali, oppositori politici e zingari. arrivò a contare fino a oltre 100.000 prigionieri contemporaneamente presenti. Nel campo erano attivi quattro Crematori e Roghi, fosse attive ininterrottamente giorno e notte, usate per l’eccedenza delle vittime che non si riusciva a smaltire nonostante le installazioni di sterminio.
Quando gli inglesi e i canadesi liberarono il campo il 15 aprile 1945, trovarono circa 60.000 prigionieri in pessime condizioni e migliaia di corpi bruciati nei pressi del campo. Anna Frank morì in questo campo, oggi aperto, come i due descritti sopra, come luogo della Memoria.