Su Rai Uno, va in onda la miniserie televisiva “L’angelo di
Sarajevo”, interpretata, tra gli altri, da Beppe Fiorello. La storia è tratta da “Non chiedere perché”, il romanzo scritto da Franco Di Mare basato su vicende realmente accadute al giornalista Marco De Luca, che fu inviato durante la guerra in Bosnia-Erzegovina e che raccontò gli orrori del conflitto nell’ex-Jugoslavia. Noi di Viaggi da Film siamo stati a Sarajevo vent’anni dopo il bombardamento dell’orfanotrofio mostrato nella fiction.
Sarajevo”, interpretata, tra gli altri, da Beppe Fiorello. La storia è tratta da “Non chiedere perché”, il romanzo scritto da Franco Di Mare basato su vicende realmente accadute al giornalista Marco De Luca, che fu inviato durante la guerra in Bosnia-Erzegovina e che raccontò gli orrori del conflitto nell’ex-Jugoslavia. Noi di Viaggi da Film siamo stati a Sarajevo vent’anni dopo il bombardamento dell’orfanotrofio mostrato nella fiction.
Sarajevo è soprannominata “la Gerusalemme dei Balcani” ed è
famosa come la città delle quattro religioni. Qui si incontrano chiese
cristiane e sinagoghe, moschee e chiese ortodosse. Sarajevo mostra le sue ferite, soprattutto in periferia, ma con una
gran forza si è rialzata ed è tornata a vivere. Per rispetto, ho deciso di non pubblicare fotografie dei balconi crivellati dai colpi. Quelle sono case abitate, da persone con ricordi di guerra e con tanta sofferenza che difficilmente verrà mai sanata.
famosa come la città delle quattro religioni. Qui si incontrano chiese
cristiane e sinagoghe, moschee e chiese ortodosse. Sarajevo mostra le sue ferite, soprattutto in periferia, ma con una
gran forza si è rialzata ed è tornata a vivere. Per rispetto, ho deciso di non pubblicare fotografie dei balconi crivellati dai colpi. Quelle sono case abitate, da persone con ricordi di guerra e con tanta sofferenza che difficilmente verrà mai sanata.
Non so come fosse prima della guerra, ho solo qualche sfuocato ricordo delle immagini televisive dei bombardamenti. Dell’assedio.
Dei cecchini. Quasi sicuramente immagini di servizi che commentava il giornalista De Luca. Oggi ci sono dei segni tangibili di quello che fu. Palazzi danneggiati dalle esplosioni. Ponti aiutati a stare in piedi da impalcature. Segni di mortai sull’asfalto. Croci bianche, le migliaia di lapidi musulmane, il cimitero ebraico con tombe rotte che mai nessuno aggiusterà.
Dei cecchini. Quasi sicuramente immagini di servizi che commentava il giornalista De Luca. Oggi ci sono dei segni tangibili di quello che fu. Palazzi danneggiati dalle esplosioni. Ponti aiutati a stare in piedi da impalcature. Segni di mortai sull’asfalto. Croci bianche, le migliaia di lapidi musulmane, il cimitero ebraico con tombe rotte che mai nessuno aggiusterà.
I sarajevesi sono cordiali e allegri, hanno una particolare simpatia per noi italiani e in molti parlano la nostra lingua. Abbiamo ascoltato decine di racconti di episodi di guerra e di familiari e amici terribilmente uccisi. Ricordo con piacere Lejla, dell’Associazione Turistica del Cantone di Sarajevo che mi ha fornito la maggior parte delle foto di questo articolo. La città ha una forma lunga e stretta, chiusa in una conca e delimitata da colline e montagne; il fiume Miljacka la abbraccia orizzontalmente, da ovest a est.
Una città a 800 metri sopra il livello del mare, in salita, in cui
si respira un forte odore speziato di polpette di carne cevapi e quello fresco di yogurt. La Fortezza Bianca Bijela Tabija domina la città dall’alto di una rupe. La città è piena di cani e gatti che sostano ad ogni angolo.
si respira un forte odore speziato di polpette di carne cevapi e quello fresco di yogurt. La Fortezza Bianca Bijela Tabija domina la città dall’alto di una rupe. La città è piena di cani e gatti che sostano ad ogni angolo.
Ci siamo fermati quattro giorni e abbiamo alloggiato a Baščaršija, in un hotel sulle rive del fiume Miljacka. La Baščaršija la movida è molto intensa, il quartiere è disseminato di caffè orientali dove si può fumare la Šiša – il narghilè – e sorseggiare i the aromatici bosniaci. Molti bar sono ricavati in cortili e caravanserragli pieni di vita.
A Baščaršija e Fehradija ci sono i principali luoghi di culto.
Il centro è relativamente piccolo. I caratteristici tram sono l’ideale per spostarsi nel centro cittadino che vi sorprenderà con una serie di luoghi particolari, a partire dall’impianto della birra Sarajevska che spicca per la sua architettura particolare e un po’ vezzosa, da elegante fabbrica di città. In centro si può visitare anche la casa di Svrzo: una splendida abitazione ottomana perfettamente conservata.
Degno di nota è anche il Parco dei Bambini. Camminando lungo il fiume si possono scoprire angoli nascosti della città. Su un ponte incontriamo la lapide che ricorda le prime due vittime della guerra in città: due ragazze uccise da cecchini mentre manifestavano per la pace. Una bella passeggiata è quella sul viale alberato Vilsonovo Šetalište che inizia dal ponte di Vrbanja, di fianco alla sede del Governo e del Parlamento, che costeggia il Miljacka. Il traffico automobilistico viene interdetto nel tardo pomeriggio di ogni giorno e tutto il weekend. Con il tram numero 1, adiacente alla stazione
ferroviaria, si può raggiungere la Torre Avaz che con i suoi 172 metri è il grattacielo più alto di tutti i Balcani. Qui c’è la sede dell’omonimo giornale e all’ultimo piano si può gustare un caffè con vista a 360° su tutta Sarajevo.
ferroviaria, si può raggiungere la Torre Avaz che con i suoi 172 metri è il grattacielo più alto di tutti i Balcani. Qui c’è la sede dell’omonimo giornale e all’ultimo piano si può gustare un caffè con vista a 360° su tutta Sarajevo.
Nelle viuzze della città vecchia si possono ammirare le tipiche case basse musulmane dai cui tetti spiccano i minareti di moschee aggraziate, disposte attorno alla frequentatissima piazza dei piccioni. Nel mercato alimentare di Vidikovac la maggior parte dei banchi appartiene ai contadini della vicina campagna. Qui è possibile assaporare uno spaccato di vita bosniaca, dove frutta
e verdura è veramente a chilometro zero e dove le donne bosniache vestono il lungo foulard che ricorda le donne meridionali del dopoguerra nostrano. Nel mercato è possibile comprare piante selvatiche per le tisane o babbucce di lana fatte a mano.
e verdura è veramente a chilometro zero e dove le donne bosniache vestono il lungo foulard che ricorda le donne meridionali del dopoguerra nostrano. Nel mercato è possibile comprare piante selvatiche per le tisane o babbucce di lana fatte a mano.
Nel 2014 è stata riaperta la Biblioteca nazionale di Bosnia Erzegovina, la “Vijesnica” che fu devastata nell’agosto del 1992 dalle bombe e dalle cannonate che devastarono il palazzo a strisce gialle e rosse, uno dei simboli della ricchezza culturale e dell’indole pacifica e multietnica della città.
Le granate sfondarono la grande cupola di vetro dell’edificio in stile moresco e il fuoco dei proiettili al fosforo bruciò, in oltre trenta ore, due milioni di preziosi volumi retaggio della memoria storica di Sarajevo e dell’intera Bosnia-Erzegovina.
Suggeriamo di visitare il Museo di storia di Sarajevo dove un’area molto vasta è dedicata alla guerra che dal 1992 al 1996 devastò l’intera ex-Jugoslavia. Un’altra tappa fondamentale della visita della città è il tunnel. Fu grazie a questo passaggio sotto l’aeroporto che Sarajevo poté essere rifornita di cibo, medicinali e armi per sopravvivere a un assedio durato più di 1.400 giorni. Si può percorrere un tratto di poche decine di metri, ma è utile per capire cosa provarono i sarajevesi. La casa dove iniziava il tunnel è stata lasciata semi-distrutta a testimonianza dell’orrore della guerra, ma anche della tenacia di chi resistette. Molto emozionante è percorrere il tunnel, ma anche il museo ospitato dalla casa è molto interessante. A rimanere impresse sono le foto dei soldati bosniaci vestiti con jeans, scarpe da tennis e armi improvvisate.
Un’altra imperdibile tappa è quella a Vidikovac, la collina che domina la città e dove ci sono ancora dei carrarmati abbandonati. Il taxista che ci ha accompagnato lungo i tornanti su per la collina ci racconta che vent’anni fa i mortai e i cannoni serbi erano disseminati sugli stessi pendii dove oggi regna una pace irreale e rispettosa dei 12.000 morti dell’assedio di Sarajevo.